Meneghina Express’ numbers:

12379 Kilometers in 44 days

350 hours riding

297 batteries recharged

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Giorno 41 - Belgrado - 20 Luglio

NELLA REPUBBLICA DI SERBIA

Le ragioni che ci spingono a Belgrado, passando dalla Romania alla Serbia – per poi sconfinare in Croazia e Slovenia, prima dell'ingresso in Italia – piuttosto che attraversare l'Ungheria, sono molteplici. La Capitale della Serbia è senza ombra di dubbio una meta che per ragioni storiche, culturali e artistiche, merita di essere considerata. Risulta, poi, essere gemellata dal 2000 con Milano. E, se non bastasse, l'Azienda di Nicola ha una sua sede in questa città. Dunque, diversamente da altre occasioni, potremo godere dell'assistenza di alcuni collaboratori, che ci guideranno attraverso la “Città Bianca”, scegliendo con cura ciò che merita di essere visitato, offrendoci un'esperienza non turistica, nella consapevolezza che abbiamo a disposizione poco più di un giorno, prima di ripartire.

Katerina e Sasha (con una sorpresa gradita che ha il corpo e la voce di Carlo Mantori! Non ha resitito e ci ha raggiunti qui: viaggerà con noi fino all'arrivo!) si materializzano qualche chilometro a nord della città, per accompagnarci in centro, presso l'hotel che hanno prenotato per noi. Ci trovano stanchi e, nonostante abbiano seguito attraverso gli aggiornamenti del sito di Meneghina Express quanto abbiamo vissuto fino a ora, non possono certo immaginare cosa significhi esserne stati protagonisti. Inoltre, anche oggi, nonostante il viaggio sia stato lineare e piacevole, abbiamo dovuto sostare obbligatoriamente un'ora presso la dogana serba, poiché, come per la Moldavia, serviva un'assicurazione non contemplata nella Carta Verde che copre quasi tutti i Paesi europei. In realtà l'assicurazione di cui siamo dotati garantirebbe protezione anche in Serbia - ovvero da un paio di mesi a questa parte anche qui si sono allineati agli standard assicurativi dell'Unione – ma il foglio di carta che ci portiamo appresso è stato ovviamente stampato a priori e siamo assicurati solo nella sostanza, non nella forma. Vale a dire che se per caso ci fermasse la polizia o avessimo un incidente, dovremmo stare a spiegare in che senso l'assicurazione è valida e regolarmente stipulata, ma sul foglio che abbiamo non è scritto così. Quindi, come si suole dire, scegliamo di prevenire, piuttosto che doverci ritrovare a curare.

Fatta eccezione per l'attesa e l'ormai assodata pantomima, che vede l'assicuratore di turno – che ha un proprio ufficio in dogana, chissà come mai … -  non capire da dove provengano le auto e le moto, che modelli siano, che targhe abbiano (sì, perchè oltre a essere il Viaggio Elettrico su Due Ruote più lungo al mondo, a quanto pare siamo anche i primi su questo Pianeta ad avere viaggiato dalla Cina all'Europa su mezzi a quattro ruote cinesi con targhe cinesi!) guadagnamo l'hotel con lo spirito giusto: una serata di riposo, per potere godere appieno la giornata che ci attende.

Quando ci svegliamo e ci rendiamo conto di essere a 1000 km da casa, un'altra consapevolezza arriva netta ai nostri occhi: è il 20 luglio, siamo in estate! È strano, ma viaggiare con un obiettivo e vivere le tappe – fatte non solo di fatica, ma di scoperte, stupori e riposo necessario in risposta alla fatica – come piccoli pezzi che si aggiungono a un puzzle che sembra complicatissimo, ti fa perdere la bussola. Meglio: l'unica bussola che hai, la principale, segna la direzione di un traguardo in cui credi, per il quale hai fatto progetti e sacrifici e in nome di cui sei stato disposto a cavalcare una moto tutti i giorni, dal deserto alla steppa, nel fango e sotto la pioggia.

Per cui essere in una grande Capitale europea il 20 di luglio, di sabato, magari con la fortuna di poterne apprezzare le sfumature più caratteristiche, e vedere migliaia di persone che dirigono verso i parchi o sulle sponde del fiume che attraversa la città, in pantaloncini e costumi, ti fa pensare che l'estate sia già nel pieno delle proprie virtù. E, per alcuni versi, la visione di tutta questa fuga dall'ordinario settimanale per trovare la libertà del fine settimana, ti fa immaginare che, forse, nel Gobi o nella steppa kazaka o tra gli sconfinati altipiani dell'Altai, adesso tutto sia immobile e identico a sé, come se da quelle parti il tempo non esistesse. E non sai cosa sia meglio e cosa peggio. Diverso. Forse è solo molto diverso.

Ci si mette poco ad apprezzare la libertà contemplata nella novità: anche noi dirigiamo verso il fiume, e siamo così fortunati da poterlo ascoltare e saggiare per un'intera giornata. Katerina e Sasha – che oltre a essere delle guide perfette sono naturalmente simpatici e disponibili, sono quasi nostri coetanei e hanno immaginato bene cosa avrebbe potuto farci piacere nel nostro giorno di pausa – hanno chiesto a un amico di mostrarci la città attraverso la via fluviale. A Belgrado scorre il Sava che a un certo punto si immette nel Danubio. Le acque sono balneabili e il meglio della Capitale in questi giorni concentra le proprie attività a margine delle rive dell'immissario, mentre parallele alle sponde del Danubio, le cui acque si muovono con più impeto e tradiscono un letto che può celare pericoli, sorgono piste ciclabili ed enormi polmoni verdi.

Il popolo serbo – tanto per quanto ci viene raccontato dai nostri amici, quanto per ciò che abbiamo la possibilità di vedere con i nostri occhi – desidera essere libero. Libertà, qui, in una giornata di sole, significa sorseggiare un drink e mangiare qualcosa in uno dei numerosi baretti galleggianti di fronte al Sava; fare il bagno, oppure navigare il fiume a bordo di una canoa, una tavola Sup, facendo sci nautico, moto d'acqua. Oppure, leggere tranquillamente un libro, giocare a scacchi, suonare la chitarra e abbronzarsi. Attività che, descritte così, potrebbero essere le stesse che ogni persona favorirebbe in qualsiasi luogo al mondo, in una giornata di riposo.

Ma Belgrado e i serbi sembrano godere in modo particolare dello svago, come se fosse supportato da un desiderio costante di ricordare a se stessi che la libertà e la tranquillità non sono la norma, ma una conquista. Sarà forse che non più di quattordici anni fa questa città è stata bombardata? Che i suoi cittadini, nonostante palazzi distrutti, ordini di evacuazione, civili sacrificati per un'indipendenza ottenuta col sangue, a quei tempi rimasero quasi tutti in città, sfidando delle dinamiche di potere e negazione del potere, troppo grandi per essere capite da chi non ha vissuto la storia della Ex-Jugoslavia e dei domini controversi che questa parte di mondo ha conosciuto dalla nascita dell'Impero Romano d'Oriente in poi?

In realtà abbiamo provato ad approfondire gli ultimi anni di storia della Serbia, attraverso i racconti di chi ci è nato e vissuto, ma siamo giunti alla conclusione che questo, come tanti altri, sia uno degli ambiti in cui il modo migliore per farsi un'idea corrisponda a condurre un'indagine in autonomia, perchè la Storia è prima di tutto la storia personale di chi la racconta e l'unica certezza che abbiamo si fonda sulla fortuna di averla ascoltata.

La nostra storia di oggi, invece, ci ha visti in costume ad abbronzarci sopra il tetto dell'imbarcazione semplice e confortevole che occupavamo, distesi a prua o adagiati comodi sulle sedute in poppa. Un paio di birre, uno stop a salutare amici di Sasha e Katerina, un'ulteriore fermata per gustare un'insalata di pomodori, formaggio e cipolle – presso un locale galleggiante fatto con pezzi di recupero: botti di legno come tavoli, panche da palestra dismesse come sedie, cartine geografiche attacate a pareti perlinate e giochi in scatola da condividere all'aperto, di fronte al fiume – e poi il piacere dei tuffi e di una nuotata nelle acque fresche del Sava, proprio prima che diventi Danubio e l'acqua da scura e apparentemente torbida, lasci spazio al blu. Dicono che vedere dall'alto il percorso dei due fiumi e il loro succedersi, mostri perfettamente la differenza di colore tra l'uno e l'altro.

Per le sei siamo di nuovo in albergo: Nicola e Valerio vengono intervistati dalla Tv Nazionale serba e, poco dopo, partiamo tutti insieme visitare i luoghi più significativi della città. Il Tempio di San Sava – l'edificio di confessione ortodossa più grande al mondo – il Palazzo del Parlamento, il Palazzo Vecchio e la Chiesa bizantina di San Marco, con la loro bellezza si contrappongono ai palazzi che, nel centro, ancora mostrano i segni dei bombardamenti del '99. Ci soffermiano, diamo un'occhiata in silenzio, facciamo un paio di fotografie prima di essere allontanati dai militari, per poi risalire nella Fortezza che domina la città e offre una veduta mozzafiato sulla Città Nuova, congiunta all'altro capo antico attraverso due ponti principali, uno dei quali, a campata unica, risulta essere il più imponente al mondo concepito con quel tipo di architettura.

Finiamo di scoprire Belgrado nel modo più dolce e autentico: sulle sponde del Sava, dalla parte che guarda verso Ovest, si concentrano ristorantini con musica dal vivo. Il sole tramonta, chitarre acustiche e voci educate al canto accompagnano gli aperitivi e le cene di centinaia di persone che, nella discrezione felice che solo un certo tipo di libertà sa offrire, condividono il piacere di una conversazione, un'amicizia, stare insieme ancora una volta e riuscire ad apprezzarlo, soprattutto quando senti che un viaggio sta per giungere al termine e, magari, vorresti potesse continuare per sempre.

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