Meneghina Express’ numbers:

12379 Kilometers in 44 days

350 hours riding

297 batteries recharged

12 countries

4500Kg Co2 reduced vs. gas

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Giorno 24 - Kazakhstan flag - 3 Luglio

Per Quest'anno non cambiare…

“Stessa spiaggia, stesso mare...”, cantava Edoardo Vianello, parole scritte da Mina.
La nostra interpretazione è a due voci, la mattina del ventiquattresimo giorno di viaggio: sono quelle di Nicola e Valerio, che alle sette e trenta provano a portare a tutti – in primo luogo a se stessi – un po' di buon umore.

Sì, perchè Astana è vicina, dovremmo raggiungerla al tramonto. Ma non si capisce se c'è il sole, se esite ancora, e in che diavolo di stagione siamo: il calendario dice “3 luglio”, ma il termometro non gli fa eco. Sette gradi, diamine! E un cielo carico di pioggia che ci porge il biglietto da visita con i primi scrosci mattutini.

Non possiamo fermarci di fronte a nulla, anche perchè l'arrivo nella Capitale kazaka, significherà avere portato a termine metà del viaggio, meritandoci così un giorno intero di pausa e riposo.
Viaggiamo a ritmi spediti, fermandoci solo per occasioni irripetibili: come quella di scorgere un pastore, che segue il pascolo dei suoi animali. Non siamo più in Mongolia, dove c'erano più pecore che uomini. E nemmeno nell'Altay russa, con le grandi piantagioni di frumento e alberi da frutto.
Qui, nella parte centrale del Kazaksthan, fatta interamente da steppa, vedere impianti agricoli o allevamenti, è cosa più unica che rara.

Riusciamo a intercettare qualcosa, proprio perchè ci troviamo in prossimità della Capitale, e l'opera di bonifica del terreno – iniziativa dell'uomo, quindi in un certo senso “forzata” - è a uso e consumo dell'utente finale. Carni bovine, equine e ovine, vengono destinate direttamente a chi le lavora, che spesso si trova nella stessa area di chi le consuma. Dunque la filiera nel processo puro di produzione e distribuzione, è piuttosto corta. Altra cosa è capire come l'economia alimentare di questa parte di Paese, sia soggetta alla produzione e allo smaltimento di energia – in gran parte termica e legata all'industria mineraria e al carbone – in una logica per gran parte ancora sottoposta alla Russia, che rileva circa il 70% di quella elettrica prodotta in Kazaksthan.

Ce le spiega Mustapha, queste cose. Mentre osserviamo il cielo farsi sempre più scuro e, ad un tratto, abbassarsi con la sua calotta fino a terra. Come se l'atmosfera fosse compressa tutta insieme nello spazio di venti metri di altezza, e non esistesse più niente sopra di noi, se non uno strato nero impenetrabile.

Riusciamo a notare, sulla nostra destra, una tromba d'aria, un tornado, scattare una fotografia e un attimo dopo è l'Armageddon: grandine, pioggia, vento. Potenti, assoluti, incontrastabili. Non si vede più nulla: Nicola e Valerio riescono appena a mollare le moto, accostandosi a destra. Spostati dal vento e praticamente dentro la tempesta, guadagnano il cassone del nostro pick-up, vi si gettano per trovare riparo. Noi non possiamo fare altro che rimanere sotto sequestro del cielo che delira, con le quattro frecce accese per segnalare la nostra posizione. Ma sono tutti fermi, i veicoli. Paralizzati.

Di solito, dopo la tempesta arriva il sereno. Di solito. Perchè, nonostante possiamo beneficiare di quarantacinque minuti di tregua durante i quali ci rimettiamo in moto, siamo nuovamente costretti a fermarci. Le moto accusano il freddo e il vento: le batterie durano meno (e, certo, tutti questi dati inerenti ai consumi e alle rese in diverse condizioni atmosferiche, saranno utili o addirittura fondamentali per gli studi futuri sulla mobilità elettrica, mai affrontata in contesti tanto al limite) ma per quanto ci rigurda, l'ulteriore stop-forzato dipinge Astana come una cartolina. Qualcuno c'è stato, sì. Ma per il momento non siamo noi.

La nota positiva, durante la pausa, nella quale approfittiamo anche per ricaricare un po' le batterie collegandole al generatore, riguarda il cibo. Oltre ai piatti “tipici” di qui – molti dei quali fortemente legati alla cultura medio-orientale, orientale, o alla cucina russa (come il Gulash, che da queste parti accostano al farro, ai funghi o alle patate) – da un paio di giorni abbiamo scoperto un'altra portata, che viene consumata quasi come “snack”.

È la passione di Nicola, che apprezza molto questa ricetta. Non ha torto, poiché chiunque tra noi l'abbia assaporata, ne è rimasto più che soddisfatto.
Il nome: Semsey. Ma vi descriviamo volentieri di cosa si tratta: una sorta di frittella salata, cotta sapientemente e  priva di olio in eccesso. Affatto unta, per intederci. Di forma triangolare, viene farcita con striscioline di carne e cipolla. All'occorrenza, può essere abbinata a salsa piccante. Leggera e nutriente – anche se nella sua menzione formale non sembrerebbe – l'abbiamo vista in un sacco di punti di ristoro, ed è molto apprezzata da chi viaggia. Inoltre, per coloro i quali prediligono i vegetali come chi scrive, ne abbiamo scorta anche una versione farcita di sole cipolle e pomodori.

Stomaco pieno e pioggia ridotta, nonostante il cielo ne sia ancora carico, ci rimettiamo in moto per macinare i cento km che mancano all'arrivo. L'acqua perseguita ancora i piloti, e ogni cinque minuti Valerio alza le braccia al cielo, come a invocare una pausa: “ Non vi dico fino a dove mi sono bagnato”, ci dice accostandosi al nostro finestrino. Riusciamo a immaginarlo e pensiamo che nonostante, dall'auto, scortando i nostri piloti, avremmo tante volte desiderato fare cambio e goderci un po' di due ruote, sia molto più facile volerlo che farlo per davvero.

Alla fine Astana esiste: la vedremo l'indomani, perchè quando arriviamo all'albergo che ci ospiterà per due notti – ubicato a est rispetto al centro, nella parte vecchia della città, tagliata a metà dal fiume Ishim, mentre la Left Bank, la parte ovest, è quella moderna, che ospiterà l'Expo nel 2017 – sono ormai le otto e mezza di sera. Ma ci sono buone notizie ad attenderci: Giorgio ci aveva preceduti con uno dei due pick-up, e nelle tre ore antecedenti al nostro arrivo, ha già fatto fare qualche lavoretto e appurate un paio di informazioni per noi vitali.

Attendevamo dei caricatori sostitutivi: sono cinque e sono arrivati, potremo ritirali domattina. Un'auto è già stata revisionata: filtri, olio motore, freni adesso sono perfetti. Se hanno retto il deserto e le montagne, i duemilaecinquecento km di steppa arida che ci attendono non dovrebbero causarci troppi problemi. Uno dei due generatori era fuori uso, costringendoci a del super-lavoro, nei giorni precedenti: ora è sistemato, le valvole sono state rifatte e funziona che è un piacere.
Astana, abbi pazienza: domani ti saltiamo addosso!

Testo e Foto di Flavio Allegretti

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