Produrre cibo in Mongolia

 

L'agricoltura in Mongolia è fortemente limitata dalle dure condizioni climatiche del paese: inverni rigidissimi ed estati molto brevi rendono l'agricoltura difficile. Le terre coltivate sono pochissime, infatti i ragazzi lungo il percorso non ne hanno trovata nemmeno l'ombra..

 

Domina invece l'allevamento, che rispetto ai 1,3 milioni di ettari coltivati a grano, orzo, legumi e patate, si estende per ben 117,1 milioni di ettari, contribuendo di fatto per l'84,9% alla produzione alimentare totale! Cammelli, cavalli, pecore, capre pascolano sulle terre sconfinate che i ragazzi hanno attraversato in moto in questi giorni..

 

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Ma di che tipo di allevamento stiamo parlando?

 

Una delle più nette differenze tra Cina (il paese che ci siamo lasciati alle spalle) e Mongolia (dove ci troviamo in questi giorni), riguarda il sistema di allevamento. Mentre in Cina troviamo un alta concentrazione di allevamenti intensivi di polli e maiali, in Mongolia, invece, domina l'allevamento estensivo. Che vuol dire?

 

I sistemi di produzione del bestiame sono di due macro tipologie: sistemi esclusivi (si alleva soltanto) e sistemi misti (dove cioè gioca un ruolo importante anche l'agricoltura). Prendiamo in considerazione il primo, quello esclusivo, che a sua volta si suddivide due sotto-categorie: sistemi intensivi (o senza terra) ed estensivi. Vediamoli nel dettaglio:

 

Sistemi di allevamento intensivo e “senza terra”.

Si tratta di un sistema di produzione intensivo che funziona come un vero e proprio stabilimento industriale: gli animali vengono cresciuti in ambienti confinati e la densità di capi di bestiame è piuttosto elevata. Gran parte delle uova e della carne che mangiamo vengono prodotte in questo modo. Gli animali allevati sono generalmente maiali, polli, galline ovaiole e a volte anche bovini. Questi allevamenti, detti anche “senza terra”, perché non prevedono affatto l'utilizzo di terreni da pascolo, sono principalmente diffusi nell’America nord-orientale, in Europa e in Asia, più in generale in aree ricche e molto popolate, dove la richiesta di carne è molto alta.

 

 

Sistemi di allevamento estensivo “a pascolo”.

Si tratta di un sistema di produzione estensivo, che, grazie alla presenza di vasti terreni, consente agli animali di pascolare liberamente: con questo sistema vengono allevati principalmente bovini, per carne e latte, ovini e caprini. L’allevamento estensivo è principalmente diffuso in America centrale e meridionale, in particolare in Argentina, in Brasile e in Perù, ma anche in Australia e in Europa e Asia Centrale. E’ un sistema autosufficiente che possiede terreni per il pascolo o per produrre il nutrimento per gli animali, si tratti di fieno o di cereali. La densità di capi, ossia il rapporto tra il numero di animali e la porzione di terreno su cui vengono allevati, è bassa; i reflui zootecnici vengono utilizzati come fertilizzante naturale (concime) sui campi, senza bisogno che vengano smaltiti come rifiuti. Pur essendo responsabile solo di un’esigua parte della produzione globale di bestiame, questo sistema di produzione occupa ben il 26% della superficie terrestre libera dai ghiacci, infatti la bassa densità di capi per superficie (meno di 10 capi per ettaro) richiede ampie superfici di terreno. Per poter soddisfare la domanda di carne e latte attualmente registrata, l’allevamento a pascolo determinerebbe, quindi, una forte competizione per il suolo (in termini di disponibilità e di usi) e per altre risorse naturali: insomma, non basterebbero tutti i terreni esistenti, anche se convertiti a pascolo!

 

 

Dal punto di vista della sostenibilità, gli impatti ambientali dell'allevamento intensivo ed estensivo sono consistenti. Riguardano il degrado e il consumo del suolo, il consumo e l'inquinamento delle acque, l'emissione di gas climalteranti, la perdita di biodiversità e lo sviluppo di malattie anche trasmissibili all'uomo.

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