Meneghina Express’ numbers:

12379 Kilometers in 44 days

350 hours riding

297 batteries recharged

12 countries

4500Kg Co2 reduced vs. gas

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Giorno 23 - Kazakhstan flag - 2 Luglio

Da Kurchatov a Ekibastus

Alle sette di mattina, dalle finestre della casa popolare nella quale abbiamo dormito, che sovrasta la piazzetta dove sono parcheggiati i nostri pick-up, arriva musica allegra. Reggae e Dance-Hall, che immaginiamo accompagnare la prima colazione di alcuni dei ragazzi che abbiamo visto, la sera prima, fare le stesse scale che abbiamo percorse noi, e infilarsi negli appartamenti con discrezione, nel silenzio.

I ritmi caraibici, ci fanno ricordare ciò che dal primissimo ingresso in Kazaksthan non abbiamo potuto fare a meno di notare: in moltissimi anfratti – soprattutto ai margini delle strade o nelle aree verdi limitrofi alle abitazioni che non siano annichilite dal piattume della steppa – crescono spontanee piante di Canapa. Ci pare assurdo, se pensiamo a come nella maggior parte dei Paesi europei questa pianta dalle mille proprietà – e centinaia di utilizzi; tant'è che pure in Italia, fino ai primi anni '50, la canapa veniva usata per confezionare abiti, assemblare corde nautiche, come combustibile e molto altro – venga demonizzata, soprattutto se utilizzata a scopo “ricreativo”. Paradossale il fatto che la demonizzazione della stessa, si traduca in altri Paesi come una delle più coadiuvanti vie moderne per la cura  di alcuni gravi problemi di salute, come la sclerosi multipla, l'anoressia, l'asma e un sacco di altre patologie. Lontani dal volere tracciare un trattato sulla Marijuana, domandiamo a Mustapha che rapporto abbiano i kazaki con questa pianta. Qui, nella parte centrale del Paese, non abbiamo visto nulla, a quanto ci viene spiegato. Nel sud, le piante crescono ovunque, rigogliose e cariche, sebbene solo una parte della popolazione ne utilizzi il nettare, producendo medicine con metodo legato all'antica tradizione, tisane e infusi rilassanti. Oppure, semplicemente, fumandone l'essenza più pregiata. Non ci è chiaro cosa preveda la legge, e nel dubbio abbiamo lasciata intatta qualsiasi pianta incontrata sulla nostra strada.

È una musica steady, regolare, quella che accompagna la nostra giornata: si tratta di un trasferimento privo di grandi emozioni, se non quelle che governano costantemente la nostra avventura, ovvero il fatto stesso di essere in un Paese lontano, diverso da tutti quelli che abbiamo visti fino a oggi, a provare a portare a termine il viaggio più lungo al Mondo fatto con moto elettriche. Ed è proprio l'elettricità che, la sera, dopo avere percorsi trecentotrenta chilometri di steppa, ci porta qualche problemino. 

Le strade, per ora, sono ancora più che generose, senza troppe voragini. Rispetto alla nostra direzione, corrono sempre al margine di binari ferroviari.

(Qui i treni salutano! Per davvero: ci vedono parcheggiati, magari a bollire dell'acqua e preparare un caffè sul fornelletto, e lunghissimi convogli merci a capo dei quali ci sono motrici multicolore, aprono un finestrino a lato, braccia di ferro fendono l'aria, e un prolungato “tuuuu-tuuuuuuuuuuuuuuuu” ci mette il sorriso sulle labbra).

Tornando all'elettricità e alla sera - che arriva veloce sulla scorta di una giornata che sarebbe stata di trasferimento puro, per avvicinarci ad Astana, che toccheremo domani - capita (ogni giorno) che si debbano ricaricare le batterie delle moto e tutte le altre batterie sostitutive, che permettono a Nicola e Valerio di percorrere una media di trecento chilometri al giorno. Abbiamo bisogno di circa 6 KW e... Insomma, in proporzione, ci sembra di essere Marty che, in “Ritorno al Futuro”, comunica a Doc la  potenza che gli serve nel flusso catalizzatore della DeLorean per tornare nel 1985.

Anche noi abbiamo bisogno di parecchia elettricità, ma se per sbaglio i caricatori con un assorbimento notevolissimo si attaccano, con una “normale presa di corrente associata a prolunga”, alla spina del gabbiotto abitato da una vecchina che sovraintende il parcheggio dell' albergo dove alloggiamo, allora può succedere che la presa vada a fuoco. E che la vecchina rischi di lasciarci le penne per mano di sei visionari che preferiscono l'elettricità ai carburanti, pardossalmente molto più infiammabili,. Eppure, in 'sto parcheggio, nessuna auto ha mai preso fuoco, a quanto ci dicono!

Enfasi a parte, la gentile signora non ha rischiato nemmeno un capello e ha riso con noi della situazione grottesca, ma di certo si è presa uno spavento quando di fianco alla tv che trasmetteva una soap russo-coreana, s'è vista una fiammata e una piccola nube di fumo ha deturpato la scena del  bacio tra Irina e Yantaci.

Sorridiamo anche noi, e pensiamo che non sarebbe male concederci una cena prima del solito, un paio di birre locali in bottiglia mentre consumiamo il pasto, e un letto precoce. Domani si punta Astana: tappa che indicativamente rappresenta il completamento della prima metà del nostro viaggio. Ed è, per chi non lo sapesse, la Capitale del Kazaksthan.

Testo e Foto di Flavio Allegretti

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